Prima è la relazione

Da dove veniamo e dove andiamo

Il primato della relazione ha origini lontane. Nella nostra storia, singolare e personale, come nella storia di ogni essere umano, la vita si fonda e si avvia grazie a importantissime relazioni, andate a buon fine.
Una relazione (sessuale) ha prodotto un concepimento. Una simbiotica relazione di nove mesi, una gestazione, ha prodotto una nascita. Un prolungata e intensa fase di accudimento, soprattutto nella infanzia, ha prodotto una persona sufficientemente pensante e autonoma.
Veniamo quindi da importantissime esperienze relazionali, precoci, segnate verosimilmente però anche da inevitabili e fisiologiche assenza, distacchi, mancate sintonizzazioni. È come se crescendo portassimo dentro, contemporaneamente, la consapevolezza che la via maestra è la relazione e che, nello stesso tempo, questa è stata e potrà essere ancora motivo di sofferenza.

Abbiamo più o meno consapevolezza del fatto che non siamo stati, fin da subito, capaci di far da soli. È cioè evidente che l’essere umano, per svilupparsi, necessità di un Altro, con cui entrare in relazione, con cui e attraverso cui diventare se stesso.
Abbiamo più o meno consapevolezza del fatto che l’ Altro, necessario come appena detto, è anche colui o colei che può contribuire/esporci a sofferenze di vario grado e genere, per quelle inevitabili e fisiologiche assenze, distacchi e mancate sintonizzazioni di cui sopra si accennava.
L’ Altro quindi è croce e delizia. Perché, al netto di queste piccole o grandi disavventure, è grazie alla relazione con l’ Altro che gradualmente prende forma e organizzazione ciò che in me si deposita come precipitato di ogni possibile esperienza.
Sono sensazioni ed emozioni ancora troppo confuse e indistinte, grezze, che si producono laddove la vita ci fa incontrare stimoli tanto della realtà esterna a noi, della vita tra gli altri e tra le cose, quanto della realtà interna, cioè delle nostre pulsioni, fantasie, sogni.
Da piccoli, in tale circostanze, gioca un ruolo fondamentale chi si occupa di noi, chi si prende cura non solo provvedendo alla soddisfazione di bisogni basilari come alimentazione e l’essere protetti in ambienti sicuri, ma anche e soprattutto di questi altrettanto fondamentali bisogni della “mente”.
Nella relazione con l’ Altro prendono via via forma e significato quelle sensazioni ed emozioni grezze che ora possono, grazie ad una loro trasformazione in parola e pensiero, essere percepite non più come fastidio irritazione dolore, ma come qualcosa che alimenta la vita mentale.
Pervenire ad un senso, rendere comprensibili sensazioni che quasi non si sapeva come nominare e da dove venivano, ha un effetto benefico per la mente, per la persona nel suo insieme. Ciò rende inoltre possibile utilizzare e sviluppare costruttivamente quei pensieri che si sono ottenuti, ampliando scenari possibili e azioni per perseguire i compiti della crescita, della vita, che ci spetta affrontare.
È un’operazione che non ha mai fine. Il genitore si presta temporaneamente a svolgere per il figlio tale funzione, ma fin da subito questi è predisposto non solo per beneficiarne ma anche per svilupparla a sua volta. Gradualmente sarà cioè capace di riconoscere e dar senso a sempre più complessi aggregati di sensazioni ed emozioni che la vita gli riserverà.
La vita si caratterizza poi per una ricerca di ulteriori e diversificate relazioni con altri, capaci, si auspica di risultare soprattutto facilitatrici di tale dinamica, più che ostacolo e impedimento. L’ Altro quindi, nel corso di tutta la vita, rappresenta possibile occasione per attivare e realizzare momenti di sempre più complesse trasformazioni di sensazioni/emozioni in parole/pensieri. In una dimensione di reciprocità ci prendiamo cura l’uno dell’altro.
La sofferenza, anche quando questa si configura in sintomi, la si può intendere come un accumulo di sensazioni/emozioni non sufficientemente trasformate, per troppo tempo rimaste in cerca di senso e comprensione, causando fastidio e disagio.
La cura è, di conseguenza, una offerta di relazione funzionale al prendere in mano e trasformare tali accumuli dolenti.